Vardis – 100 m.p.h. (Logo, 1980)
Approfitto di questa opportunità per rendere un po’ di giustizia ai Vardis, e in particolare a un loro album che curiosamente non mi è mai capitato di veder recensito su nessuna rivista musicale.
Classificati come heavy metal – più precisamente inclusi nel calderone dei gruppi inglesi del filone denominato New Wave of British Heavy Metal – si distinguevano per un loro stile che di metal aveva ben poco, anche se a tratti potevano ricordare i Motörhead (con cui sovente condividevano i palchi) nella loro attitudine irruenta, Ted Nugent nello stile chitarristico di Steve Zodiac (leader e singer del gruppo), ma anche il boogie degli Status Quo e perfino le prime cose degli Stooges di appena 10 anni prima – grazie all’abuso di wah-wah che si fa insistente soprattutto nella libera improvvisazione di “100 m.p.h.”, il brano che dà il titolo a questo album.
Sorvolando sul resto della loro discografia – penalizzata da qualità di registrazione discontinua, produzioni inadeguate e grafica delle copertine orrende – 100 m.p.h. si può considerare quasi un eccezione, oltre che la gemma della loro carriera.
Registrato dal vivo (un disclaimer in copertina precisa: “guaranteed no overdubs”, ovvero “tutto genuino, senza sovraincisioni”) e pubblicato dalla Logo nel 1980, il disco raccoglie brani dai loro tre primi 7″ e il primissimo EP – vinili che oggi hanno raggiunto quotazioni considerevoli – e si configura come esordio della band sulla lunga durata.
In totale 11 brani a presa rapida, fedeli al titolo, sparati a 100 miglia all’ora: pezzi che, anche se appesantiti nel sound, non sono rimasti indifferenti al British punk che in quegli anni aveva appena ubriacato il mondo e con il quale condividono la derivazione dal rock’n’roll primordiale.
Sicuramente la dimensione live è la più adeguata a questo trio in cui una sezione ritmica essenziale, composta dal bassista Alan Selway e dal batterista Gary Pearson, fa da sostegno all’eclettico Zodiac e alla sua acida e pungente Telecaster – che anche quando si dilunga nelle parti soliste non risulta mai pedante e gratuito.
La qualità della registrazione non è eccelsa, ma questo contribuisce a creare un sound che può tranquillamente far la sua figura a fianco di No Sleep ‘Til Hammersmith di Kilmister e soci.
Federico
/ marzo 8, 2014di Federico Porta