Chiedi chi era Lem Motlow

Lem Motlow – Potevamo farlo più veloce (autoprodotto, 2010)

Capelli lunghi alla Mal dei Primitives e dress code stile Henry Silva in Milano odia: la polizia non può sparare. A forza di vedermelo seduto alla scrivania davanti alla mia, nel grande acquario di menti pensanti – a cosa è ancora da stabilire – di un’importante azienda italiana, mi ero fatto una mezza idea che potesse riservare delle piacevoli sorprese: esiste dunque la vita anche su questo pianeta?
E così, non mi vergogno a dirlo, iniziai a origliare alcune sue conversazioni con i vicini di scrivania, captando spesso – quando non si parlava di figa e anche questo devo dire non mi dispiaceva  affatto – alcune parole su gruppi musicali interessanti che comparivano anche nella mia libreria musicale di MP3 e nei miei svariati dispositivi per la loro lettura in mobilità.
Un giorno alla macchinetta del caffè scattò l’agguato: lo blandii tirandomela non poco dicendo che conoscevo di persona Andrea Valentini e che avevo suonato assieme ai Timoria. Sono convinto che fu solo per queste due cose che Francesco diede retta a questo pallido impiegato vestito in giacca e cravatta. Anzi a essere onesto, mi disse che non conosceva i Timoria, ma mi confessò di essere un fan accanito di Body Bag Redemption.
Diventammo quindi amici e così mi fece conoscere la sua creatura: i Lem Motlow (li trovate anche su Facebook e MySpace) un gruppo composto oltre a lui da altri tre teneri virgulti della campagna astigianoslashtorinese (assieme a Francesco alla voce ci sono infatti Alessio al basso, Giulia alla chitarra e Daniele alla batteria).

Potevamo farlo più veloce, il loro primo EP, è un’opera che profuma di garage punk con sfumature rockabilly e beat. La tecnica è discreta e anche il timbro vocale si fa apprezzare. E con questo potrei già dire di essermi guadagnato almeno tre birre senza troppa fatica, se non quella di avervi inondato di inutili pezzi della mia sordida bio.
Ma procediamo oltre ed entriamo nel dettaglio: un ascolto più attento dei pezzi rivela come il gruppo risulti in una sorta di limbo dello stile.
In alcuni passi, soprattutto per il contenuto dei testi, sembra di essere cascati in un girone abitato da gruppi demenziali alla Skiantos come ad esempio ne “La regola del tre” (“stasera sai che c’è/con un porno faccio a meno di te”)  e gruppi beat italiani anni ’60 dai testi stravaganti (sentite ad esempio i fantastici I Cinque Monelli con “Balbettando”).
In altri brani (“La Routine” e “Le pasticche dell’ubriachezza istantanea”) i testi diventano meno caricaturali, lasciano spazio a una visione scanzonata della vita e anche la musica sembra risentire di questo mood più serioso, così l’impasto di garage e punk acquista un tono più complesso – e a mio avviso molto convincente – con le linee di cantato che trovano slanci non banali e a tratti dissonanti.

Quindi, in estrema sintesi, I Lem Motlow sono sospesi tra Headcoats, Hives, Dickies, Mummies, e Gene Gnocchi e i Getton Boys (quelli di “Antonella Pasqualotto 9-9-7-8”).
Conoscendo gli artigiani di questo prodotto, la loro vena creativa e la loro “sana” capacità di fare musica senza tirarsela è lecito attendersi che troveranno il giusto equilibrio in grado di dare alla loro opera una maggiore uniformità e un timbro che li faccia riconoscere.

Mi parlano di esibizioni live al fulmicotone e di un’ottima presenza scenica (provare per credere: QUI c’è un video live), con diverse ragazze che sperimentano il famoso orgasmo multiplo durante il bis, ma purtroppo una tremenda sciatalgia e il morbo di Duputreni mi impediscono di seguirli nelle loro ricorrenti escursioni da “Giancarlo” sui Murazzi e in giro per il Piemonte.

Francesco, mi rendo conto che anche la recensione è piuttosto demenziale, ma nel mio caso temo non vi sia rimedio: a proposito, cos’è sta storia della lingua di Baglioni tagliata in due da un cavo elettrico mentre andava in moto?

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4 commenti

  1. Grande “Selaschet'”!, grazie per la recensione semi-seria… non potevamo sperare di meglio!
    Purtroppo per te niente birre fino al 2014…quindi quelle 3 birre le commuteremo in spritz, ok?

    P.S. la questione di baglioni è piuttosto lunga da spiegare… una leggenda del nostro bassista che poi si è rivelata parzialmente vera… un po’ come la questione della coprofagia di morandi, fai tu!

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  2. Semi-seria? Credo sia uno dei pezzi più accademici, misurati e istituzionali che il Selaschetti abbia mai redatto… 🙂

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  3. Schizo

     /  settembre 2, 2010

    Conosco il Selaschetti da quando coabito nella sua testa e devo dire che da quando prende le medicine si è calmato di brutto.

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  4. Giulia

     /  settembre 2, 2010

    Grazie della recensione! mi ha fatto ridere un casino! mitico

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